martedì 30 giugno 2015

alone. - Somewhere In The Sierras (2015)


Somewhere In The Sierras è l'album con cui fa il suo esordio solista Michael Franzino, chitarrista e compositore negli A Lot Like Birds. Per realizzare questo suo progetto, Franzino ha creato una campagna IndieGoGo e, l'estate scorsa, si è isolato per due mesi dal mondo tra le montagne della Sierra Nevada e in completa solitudine ha scritto i dieci brani che compongono Somewhere in the Sierras. Quello che ne è venuto fuori è volutamente lontano, musicalmente parlando, dal prog hardcore degli A Lot Like Birds e si insinua in ambiti più prettamente post rock. Ma non si pensi a musica strumentale, Franzino, anzi, lavora sulla materia, sui tappeti di drammatici bordoni o su costruzioni di tensione sciolti solamente nel finale che sembrano composti per colonne sonore di film d'avanguardia e ci aggiunge matasse di voci in falsetto. "Operatico" o "cinematico" sono neologismi tradotti liberamente dall'inglese che potrebbero rendere l'idea del contenuto di Somewhere in the Sierras.

Così appare, ad esempio, il brano introduttivo A Scopare Ma Non Sentire (con una parte di testo in italiano) con voci a coro che si dipanano con carattere operistico. C'è sempre un sottile richiamo alla musica classica, sia quando sembra che ne siamo lontani nelle latitudini dell'elettronica Leave Me, sia nei toni dark e disturbanti delle ultime due tracce (quasi un "alternative traditional") You Are My Sunshine e Maternity Leave (Funeral March 28h). I brani più rassicuranti e riconcilianti con un alternative rock di qualità, Close Without Closure e Redundant, Redundant, sono cantati da Franzino in coppia con Danicka McClure che aggiunge una tocco di femminilità dream pop con interventi eterei e potenti (soprattutto nel bel finale della seconda). Il disegno di altri pezzi, come la stellare Please Try e More Fiend, appare contornato dalla stessa energia sognante di gruppi come From Indian Lakes, The Dear Hunter e Gates. Un album abbastanza vario nelle atmosfere quindi, che presenta Franzino come un artista da tenere d'occhio anche nelle vesti di solista.



www.facebook.com/wearealone

lunedì 29 giugno 2015

THE VELVET TEEN - All is Illusory (2015)


Parlando e conoscendo la carriera dei The Velvet Teen, la maggior curiosità all'annuncio del nuovo album All is Illusory è stata chiedersi quale direzione musicale avrebbe intrapreso questa volta il gruppo. Sì, perché nella parca discografia del trio di Santa Rosa (capoluogo della contea californiana di Sonoma) ogni album ha segnato una netta trasformazione che ha cambiato pelle al loro originale indie rock, arrivando a stupire per la distanza artistica che ha caratterizzato i tre lavori, ancora di più per il fatto di aver sempre mantenuto un alto profilo qualitativo. Un percorso artistico più unico che raro quello dei The Velvet Teen, che ha fatto propria la filosofia del non ripetersi anche a rischio di diventare una band da culto elitario, cosa che è puntualmente accaduta. (Se volete saperne di più su di loro qui trovate una mia retrospettiva).

A parte l'EP di quattro tracce No Star uscito nel 2011, che è servito più che altro a ricordarci che erano ancora vivi e vegeti, i The Velvet Teen non si ripresentavano al pubblico con un full length album dal lontano 2006 e quindi, alla domanda quasi obbligata su quale sarebbe stata la strada imboccata dai tre musicisti, il frontman Judah Nagler ha risposto che All is Illusory avrebbe attinto da tutti gli aspetti ed elementi che nel tempo hanno attraversato il loro percorso stilistico. È andata a finire che le parole di Nagler dicevano il vero, ma c'è di più: All is Illusory non si limita a ripercorrere e rivisitare i vari stili nei quali si sono coraggiosamente cimentati i The Velvet Teen, ma ci aggiunge qualcosa di inedito: li sviluppa, li aggiorna e li potenzia. Ed è proprio questa varietà che, invece di rivestire un punto debole per l'opera, ci mostra una band in stato di grazia che porta All is Illusory a rivaleggiare qualitativamente con quel magnifico capolavoro che fu Elysium.

Ogni canzone dell'album si differenzia da quella che segue, come un mix eterogeneo e caleidoscopico, unito però dalla singolarità con la quale i The Velvet Teen hanno affrontato tutto il proprio catalogo. C'è l'amore mai sopito per l'indie rock d'autore simil-Radiohead di Out of the Fierce Parade, c'è la passione per l'epica emo rivistata in chiave romantica di Elysium e c'è, infine, la gioia iconoclasta dell'electropop-prog che pervadeva Cum Laude!. Tra suoni di harpsichord che sembrano uscire da un giradischi difettoso (Sonreo), perfette e fulminanti cavalcate power pop (Eclipses), delicate ballate condite di spezie di synth e vocoder (The Manifest), ipnotiche escursioni in territori da indie rock sperimentale (Pecos), la prima metà di All is Illusory scorre via come un'altalena di emozioni tra euforia e sentimentalismo.



Le peculiarità che imprimono carattere alla musica dei The Velvet Teen sono rintracciabili in vari fattori. Tra le prime troviamo la batteria irrefrenabile di Casey Deitz che imprime il proprio marchio eslposivo e sincopato su tutto il disco e particolarmente nel rock scoppiettante di You Were the First. Poi come non citare la stupenda voce di Nagler che con raccoglimento quasi religioso interpreta la title-track accompagnato solo dal pianoforte, oppure dona spessore all'oceano di riverberi di The Giving In. Infine quella prerogativa di rendere tutto imprevedibile, non risultando scontati neanche quando si tratta di tornare nei binari dell'indie rock con Gtra e con la solennità struggente The Veil Between, che segna un'altra prova da maestro per Nagler.

Nella sua varietà la band ha sempre rifuggito le catalogazioni ben determinate, preferendo posizionarsi in una linea sfumata a cavallo tra i generi ma, se All is Illusory è destinata ad essere la loro opera più sfuggente stilisticamente, è anche quella che consolida con maggior affermazione un fiero richiamo all'emocore progressivo dei Sunny Day Real Estate attraverso Church or State e l'introspettiva marea crescente di undici minuti Taken Over. Un album il cui eclettismo è pari solo alla sua brillantezza, speriamo solo che i The Velvet Teen non aspettino altri nove anni per farci dono delle loro perle in musica.

www.thevelvetteen.com

martedì 23 giugno 2015

KADDISFLY - Horses Galloping on Sailboats (2015)


Ci sono voluti ben otto anni ai Kaddisfly per arrivare alla realizzazione di Horses Galloping on Sailboats. Il quintetto di Portland aveva chiara la visione del proprio percorso fin da dieci anni fa, quando uscì Buy Our Intension; We'll Buy You a Unicorn: pubblicare una trilogia incentrata più o meno sulla spiritualità che lega l'essere umano alla natura, ma che subì un colpo d'arresto inaspettato dopo il secondo capitolo Set Sail the Prairie, del 2007, con l'uscita dal gruppo del bassista Kile Brewer per un improvviso trasferimento da Portland a Denver. Con la promessa che prima o poi Horses Galloping on Sailboats sarebbe stato registrato, i quattro superstiti dei Kaddisfly misero il gruppo in aspettativa e, nel 2008, formarono un'altra band dal nome Water & Bodies, concentrandosi su un rock più di maniera.

Nel 2010 Brewer fece ritorno a Portland, ma a quel punto dovette sostituire il chitarrista Kelsey Kuther nei Water & Bodies, dato che nel frattempo quest'ultimo si era dedicato ad altri progetti musicali. Ma, all'inizio del 2013, arrivò finalmente la notizia che i cinque membri originali dei Kaddisfly erano tornati a lavorare insieme, annunciando di aver cominciato la pre-produzione di Horses Galloping on Sailboats. Dopo tutte queste vicissitudini siamo arrivati al presente. Il terzo e conclusivo album tanto atteso esce nel solstizio d'estate, anticipato da brevissimi video criptici, nessun pre-ordine, nessun singolo, nessuno streaming, solo download (e in autunno una versione in vinile). Quindi, basandosi solo su questo, dobbiamo ritornare alla vecchia cara recensione per chi non ha la possibilità di ascoltarlo.

Iniziamo con il dire che Horses Galloping on Sailboats è un album che crea un mondo a sé, non formalmente complesso, ma che necessita comunque di molteplici ascolti per essere compreso appieno. La scrittura, anche se può sembrare più semplice del solito, non è affatto scontata, tanto che, se possibile, questo sembra essere l'album più personale della band.

The Architect, dopo un preludio di frasi sussurrate sopra ad un tappeto musicale che prepara la tempesta, si impone immediatamente con un muro di suono potente con un Christopher Ruff mai stato così incisivo al canto. The Companion è un'insolita incursione funky con sonorità calde e rilassate che fanno da contraltare all'inizio tutto in tensione di The Architect. Qui viene fuori la versatilità del gruppo, anche perché il pezzo suona alquanto anomalo nell'unità dell'opera, ma allo stesso tempo fa tornare alla luce le vecchie influenze R&B che erano trasparite da Set Sail the Prairie. Pure The Middleman suona come qualcosa del passato, sembrando un incrocio tra i Water & Bodies e i vecchi Kaddisfly. The Watchmaker inizia come una furia con distorsioni e schitarrate torrenziali. La canzone in sé prende forma come un'incalzante ballad space-core alla Coheed and Cambria, per poi librarsi in un chorus liberatorio intriso di divagazioni vocali. Bellissima.

The Painter riprende quelle ritmiche vagamente caraibiche di Empire, così come l'aggressiva The Raconteur è in sintonia con il materiale prog hardcore di Set Sail the Prairie. The Butcher è caratterizzato da dei riff gravi di chitarra, a metà strada tra blues e gospel, caratteristiche sottolineate anche da un fraseggio acustico che fa molto southern rock. The Sage si apre su un basso insistente che poi farà da linea guida come bordone ad una canzone molto melodica che maschera una sottile fusion nelle sue armonie. Veramente suggestiva. E apre la strada a The Author che è davvero una brano straordinario, con ritmiche funk rock, accordi da bossa nova e un intermezzo prog: forse il miglior brano dell'album.

The Apparition è composta da tre sezioni, la prima ha forse il chorus più solenne che potrete trovare quest'anno, fatta di magici riverberi di chitarra e un muro di voci che cantano come se avessero avuto l'Illuminazione. Grandiosa è l'unica parola che mi viene in mente per descriverla, vorrei farvela ascoltare, davvero. La seconda parte è quasi una normale ballata grunge alla quale viene attaccata una coda strumentale che prende forma dagli accordi di questo pezzo, cresce fino ad una brusca cesura che chiude il brano con Ruff che sospira gli ultimi versi accompagnato solo da chitarra acustica e piano. Un perfetto congedo per questo travagliato ultimo capitolo che forse chiuderà per sempre la carriera del gruppo o sarà il preludio di un nuovo inizio. Per ora è bene non farsi certe domande, è il tempo di godersi questo album che ci ha messo fin troppo a vedere la luce.

P.S. Da che ho memoria è la prima volta che pubblico una recensione su questo blog priva di link e riferimenti musicali. In un'epoca di musica accessibile a tutti i Kaddisfly hanno agito in modo rivoluzionario, riportando il consumatore all'atto di fede: se vuoi ascoltare l'album lo devi comprare a scatola chiusa, come un tempo, devi fidarti dell'artista o, al limite, di questa recensione. Quindi vi chiedo, se siete incuriositi anche minimamente, di comprare Horses Galloping on Sailboats in versione digitale e non scaricarlo abusivamente, perché i Kaddisfly sono dei bravi ragazzi che producono musica in modo indipendente, la loro è arte onesta, non lo fanno per brama di notorietà, ma per passione e hanno un cuore d'oro. Vi dico solo questo per farvi capire chi sono i Kaddisfly: una parte dei guadagni di Set Sail the Prairie fu donata alla Mr. Holland Opus Foundation, organizzazione che promuove la musica nelle scuole. Quindi sostenete con il vostro contributo i Kaddisfly, se lo meritano.

http://youaretheend.com

mercoledì 17 giugno 2015

F.O.E.S - Antecedence EP (2015)

 
Dopo essersi fatti notare con un ottimo EP di esordio, gli inglesi F.O.E.S pubblicheranno il secondo EP dal titolo Antecedence il 10 luglio via Crooked Noise Records. Con suoni post hardcore psichedelici che ricordano tanto i Karnivool, quanto gli Oceansize, questa nuova prova sembra non deluderà chi ha apprezzato Ophir. Delle cinque tracce contenute per ora il gruppo ha anticipato i due singoli Rival Thrones, una potente cavalcata pervasa da un hard rock molto diretto, e poi No Sleepers Verse, questa davvero straordinaria, basata su un costante crescendo sonico tra chitarre riverberate e ritmiche dispari. L'unico peccato è che i F.O.E.S non abbiano ancora trovato il modo di regalarci un album completo. 

Tracklist:

1. Rival Thrones
2. Crown Antler
3. El Punumbra
4. This is Kingdom Come
5. No Sleepers Verse





https://www.facebook.com/fallofeverysparrow

martedì 16 giugno 2015

The Dear Hunter - Act IV: Rebirth in Reprise (2015)


E finalmente l'annuncio ufficiale dell'album più atteso dell'anno (da me) è arrivato. Il 4 settembre uscirà Act IV: Rebirth in Reprise dei The Dear Hunter, in più la band di Casey Crescenzo sarà per la prima volta in tour in Europa tra agosto e settembre, accompagnando in alcune date i Manchester Orchestra (il cui cantante Andy Hull era anche stato ospite su The Color Spectrum). Il tour toccherà anche l'Italia con la data del 19 agosto a Milano presso il Circolo Magnolia.

L'album si può già pre-ordinare presso il sito www.thedearhunter.com ed è stato pubblicato il primo brano tratto da Act IV, si tratta di A Night on the Town che come scelta sembra abbastanza coraggiosa, visto che è un pezzo dalla durata di nove minuti!




Tracklist:

1Rebirth 2:51
2 Old Haunt 4:36
3 Waves 4:12
4 At the End of the Earth 5:16
5 Remembered 3:50
6 Night On the Town 9:00
7 Is There Anybody Here? 6:42
8 Squeaky Wheel 4:35
9 Bitter Suite IV And V: The Congregation And The Sermon In The Silt 5:40
10 Bitter Suite VI: Abandon 5:32
11 King of Swords 5:07
12 If All Goes Well 4:41
13 Line 3:37
14 Wait 3:20
15 Ouroboros 5:25

lunedì 15 giugno 2015

Delta Sleep - Twin Galaxies (2015)

 
I Delta Sleep sono in giro ormai da un po' di tempo, ma arrivano al primo album solo adesso ed è proprio oggi che viene pubblicato Twin Galaxies. Il quartetto inglese produce un misto di math rock e post hardcore, ma da quanto avevano prodotto finora non mi aveva convinto, sembrandomi leggermente sconclusionato. Bene, con il loro esordio i Delta Sleep mi hanno fatto ricredere perché Twin Galaxies non sarà un capolavoro però ha il pregio di collezionare una serie di pezzi coraggiosi che denotano una grande progressione in fatto di scrittura, possedendo una varietà strutturale che non disdegna la sperimentazione. Un misto tra Wot Gorilla? e Minus the Bear. Di seguito lo potete ascoltare nella sua interezza.


lunedì 8 giugno 2015

Intervista con Mike Vennart (Italian + English version)


di Lorenzo Barbagli e Francesco Notarangelo


Come descrivere una band stilisticamente incatalogabile e coraggiosa come gli Oceansize? Non si può. Gli Oceansize andrebbero ascoltati possibilmente non fermandosi ad un solo brano perché altrimenti si rischia solo di intaccare la superficie di ciò che erano in realtà. Personalmente li ho amati e ritenuti una delle band più originali degli anni Zero. Ecco quindi perché ritengo la seguente intervista a Mike Vennart - che di quella grande band è stato il frontman, chitarrista e cantante - un momento speciale e importante per altprogcore e ringrazio Mike per essere stato molto gentile e disponibile per aver risposto alle nostre domande.

Una volta svaniti gli Oceansize, Vennart si è dato da fare continuando a scrivere musica con l'amico Richard A. Ingram (Gambler) nei British Theatre, collezionando nel frattempo i demo per il proprio album solista. Anche se, probabilmente, l'attività che  ha permesso a Vennart di vivere di musica senza problemi è stato l'ingaggio come seconda chitarra negli show dal vivo dei Biffy Clyro, band con cui gli Oceansize hanno condiviso un'ottima amicizia per quasi tutta la loro carriera. Molta della lunga gestazione e composizione di The Demon Joke è proprio passata attraverso quei pochi momenti liberi che Mike si ritagliava tra una stanza d'albergo e l'altra durante i tour con i Biffy Clyro, collezionando demo sul suo laptop.

Passato dunque questo periodo di grande laboriosità, Vennart sta per pubblicare finalmente il primo album a proprio nome intitolato The Demon Joke (del quale qui potete trovare la mia recensione). Il disco è stato lanciato con una campagna PledgeMusic che in parte ne ha sostenuto le spese di produzione e i cui "pledgers" hanno già ricevuto l'album in forma digitale o fisica. La pubblicazione ufficiale "per i comuni mortali" invece è prevista per il 22 giugno e passerà per i canali della SuperBall Music, che fu anche l'etichetta degli Oceansize. Vista l'occasione abbiamo approfittato per porre a Mike Vennart alcune domande su passato, presente e futuro della sua carriera artistica.

A tal proposito, una nota a margine: non ho voluto di proposito toccare qualsiasi cosa riguardasse la separazione degli Oceansize dato che, come argomento, mi sembrava delicato, sicuro che le risposte di Mike sarebbero state comprensibilmente vaghe. Ormai ciò che è stato è stato e il modo con cui Vennart, Gambler e Steve Durose stanno affrontando il presente fa capire che quello degli Oceansize è un capitolo chiuso, inutile tornarci sopra. Per quanto concerne gli Oceansize ho preferito quindi deviare su domande con una prospettiva squisitamente artistica. Comunque, per chi volesse saperne di più su Oceansize, Biffy Clyro e British Theatre, un resoconto di dichiarazioni e di come sia andata la vicenda le potete trovare anche all'interno del mio libro Altprogcore - dal post hardcore al post prog.



- Partiamo con il parlare di The Demon Joke. Il suo processo di gestazione è stato molto lungo, come ti senti alla fine di questa nuova esperienza come solista?

Mi sento sollevato. Praticamente, ogni volta che cerco di scrivere una nuova canzone, penso che il pozzo si sia come definitivamente prosciugato. E' stato così fin dall'inizio. Avere un album completato - effettivamente pubblicato questa settimana - è stata una grande impresa a livello personale. Sono molto contento del risultato finale, stilisticamente è forse un po' diversificato, o forse non del tutto. Chiaramente non saprei dirlo.


- Sull'album compaiono i tuoi vecchi compagni d'avventura negli Oceansize, Gambler e Steve Durose (che ti stanno accompagnando anche in tour), forse è presto per chiederlo, ma pensi di coinvolgerli anche in altri progetti futuri?

Certo. Al momento sto lavorando con Gambler all'album dei British Theatre e ho appena trovato una parte che solo Steve può rivestire. Ho lavorato con loro per oltre 20 anni, per questo non posso immaginare di fermarmi molto presto.


- Anni fa dichiarasti che, prima di formare gli Oceansize, con Durose avevate provato a scrivere pezzi più semplici, ma non vi venivano bene. Le canzoni di The Demon Joke hanno un impatto più immediato rispetto agli Oceansize e sembrano funzionare, pensi che con la maturità hai imparato a scrivere canzoni “normali”?

Forse è proprio questo - la maturità. Ero in una band con Steve prima degli Oceansize e, sì, faceva schifo. Eravamo giovani e stavamo ancora imparando. Hai mai sentito quei demo dei Radiohead prima che fossero messi sotto contratto? Sì, eravamo proprio a quel livello di mediocrità.


- Come vi siete inseriti tu e Gambler nel contesto musicale live dei Biffy Clyro? I ragazzi vi hanno lasciato libertà per le vostre parti o avete deciso insieme cosa aggiungere?

In realtà è come una specie di linea sfocata. Certamente, ci sono parti di chitarra e tastiere negli ultimi album dei Biffy Clyro, ma più che altro noi siamo lì per aggiungere sostanza alle parti suonate dal trio. Le parti di chitarra di Simon sono veramente incasinate. Parlo di tutte quelle stranezze come accordi in stato di rivolto e cluster. Se entrambi suonassimo le stesse cose verrebbe fuori un suono di merda, quindi lascio quella roba a lui e io vado a rinforzare le parti di basso e adatto alla mia chitarra le sezioni suonate da violini e fiati. Lo adoro!


- Con Gambler (Richard A. Ingram) sei anche impegnato nel progetto British Theatre. Dopo i due EP da voi prodotti vedremo la realizzazione anche di un album completo? E, a tuo giudizio, quali relazioni o divergenze trovi tra Oceansize, British Theatre e Vennart?

E' facile differenziare tra il mio album e ciò che sarà quello dei British Theatre, ma di conseguenza dovrei iniziare a rivelare come suonerà questo album e vorrei che fosse una sorpresa. Basti dire che sarà molto differente...molto differente anche dai precedenti EP. Per quanto riguarda invece il confronto con gli Oceansize la differenza sostanziale è che qui sono io al comando e non ho bisogno di fare leva su cento idee diverse dentro una sola canzone per compiacere tutti. Sono fiero di quello che hanno fatto gli Oceansize, ma a volte era tutto un po' troppo pretenzioso, troppo ingegnoso per il solo gusto di esserlo.  


- Pensi che oggi, se gli Oceansize fossero ancora insieme, avresti ugualmente conservato questi pezzi per un tuo album solista oppure non avresti pensato di pubblicare qualcosa di tuo e li avresti offerti al gruppo?

Pensavo ad un album come solista fin dai tempi di Frames, dato che era chiaro che avevo gusti differenti. Ora posso dirti che queste canzoni di The Demon Joke non avrebbero superato la fase di demo all'interno degli Oceansize. Sono troppo semplici, troppo melodiche e troppo ottimiste. Francamente, se fossero state sviluppate da quella band, c'è una buona possibilità che l'inevitabile macellazione a cui sarebbero state sottoposte mi avrebbe deluso.


- Quindi vorrei sapere, gli Oceansize nei loro quattro album hanno sempre cercato di variare e modificare l'approccio alla scrittura, mentendo comunque intatta la complessità formale. Secondo te oggi suonerebbero diversi da Self-Preserved While the Bodies Float Up, il vostro ultimo album prima dello scioglimento?

Penso che nel nostro ultimo album si può percepire un compromesso costante. Gli Oceansize dovevano lavorare per processo di eliminazione. In altre parole, dovevi soddisfare i gusti di ogni membro della band, altrimenti dovevi sopportare all'infinito le loro lamentele su una canzone che odiavano. Self-Preserved... è vario, ma perdemmo la nostra direzione. Cercai di istigare un approccio più disteso/psichedelico/sperimentale, ma a quel punto semplicemente non era davvero nella nostra natura. Non fraintendetemi, quell'album è grande e ne sono fiero, ma è piuttosto confuso. Non suona propriamente coeso come i nostri lavori precedenti.


- Nell'ipotesi che sarà difficile vedervi in concerto in Italia, toglici una curiosità: dal vivo state suonando anche qualche pezzo degli Oceansize? Se si, quali?

Sì, suoniamo alcune vecchie canzoni. Non ho intenzione di dirvi quali sono, ma sono quelle più in sintonia con l'atmosfera della musica che sto facendo adesso.
 

- Come blog cerchiamo sempre di proporre nuovi artisti e musiche poco conosciute che stimolino gli ascoltatori. Prima di salutarci potresti proporre ai nostri lettori qualche nuovo artista a tuo giudizio meritevole.

Non so molto a proposito di novità, ma al momento sto ascoltando Super Furry Animals, Matt Berry, Stealing Sheep, Vessels, Gaz Coombes, Blanck Mass, David Bowie, Kathryn Joseph….



ENGLISH VERSION:



Let's start speaking about The Demon Joke. Its process was very long, how do you feel at the end of this new experience as a solo musician?

I feel relieved. Pretty much every time I try to write a new song, I think the well has finally run dry. It’s been like this since the beginning. To have a completed album - actually released this week - is quite an achievement for me, personally. I’m very happy with how it turned out, stylistically it’s maybe a little different, then again maybe not at all. I clearly can’t fucking tell.


On the album appear your old Oceansize friends, Gambler and Steve Durose (who are accompanying you on tour). Maybe it’s early to ask, but do you think to involve them in other future projects?

Certainly. I’m working on the British Theatre album with Gambler right now and I’ve just found a spot that only Steve can nail. I’ve been working with them for over 20 years, so I can’t imagine I’ll be stopping any time soon.


Some years ago you spoke that before forming Oceansize, you and Durose have tried to write some simple songs, but you weren’t able. The songs of The Demon Joke have a more immediate impact than Oceansize and seem to work very well, do you think that now, with maturity on your side, are you able to write “straight” songs?

Maybe that’s all it is - maturity. I was in a band with Steve before Oceansize and, yeah, it sucked. We were young and we were learning. Ever hear those Radiohead demos from before they got signed? Yeah, we were that kind of terrible.


How did you and Gambler entered your instruments in the context of Biffy Clyro live shows? The boys have left you freedom for your parts or did you decide together what to add?

It’s kind of a blurry line, actually. Certainly, there are guitar/keyboard parts on the later Biffy records, but more than anything we’re there to add weight to the the 3 piece. Simon’s guitar parts are really fucked. Like all these weird inversions and clusters. It would sound shit if we both play them, so i leave that stuff to him and I kinda beef up the bottom end, and adapt the string/horn parts for guitar. I love it.


You are also involved with Gambler (Richard Ingram) in the British Theatre project. After two EPs, are you thinking to creare a full length album? And, in your own opinion, what are the main differences between Oceanszie, British Theatre and Vennart?

It’s easy to diffrentiate between my album and what British Theatre’s forthcoming album, but then I’d have to start revealing what British Theatre is going to sound like, and I kinda want it to be a surprise. Suffice to say, it’s gonna be very different…Very different even to the previous EPs... With regard to how it compares to Oceansize - the basis difference is that I’m calling the shots here, and I don’t need to crowbar 100 different ideas into one song just to appease everyone. I’m proud of what Oceansize did, but sometimes it was just a little too showy, too clever for the sake of it.


Do you think that today, if Oceanszie were still together, you would preserved these songs for your solo album or you wouldn't have thought to publish something and simply offered them to the band?

I was dreaming of a solo album as far back as Frames, as it was clear that I had different tastes. I can tell you now, these songs wouldn’t have made it past the demo stage in Oceansize. They’re too simple, too tuneful and too optimistic. Frankly, if they HAD been worked on by that band there’s a good chance I would’ve been disappointed by the inevitable butchering they’d have received.


In their four studio album Oceansize have always tried to change and modify the writing approach, keeping the formal complexity intact. Do you think today they eventually would sound in a different way from Self-Preserved While the Bodies Float Up, your last album before you broke up?

I think in the last album you can hear the constant compromise. Oceansize HAD to operate by process of elimination. In other words, you had to cater for the tastes of each band member, otherwise you’d suffer their whinging forevermore about a song they hated. Self-Preserved… is varied but we’d lost direction. I tried to instigate a more sprawling/psychedelic/experimental edge but it just wasn’t really in our nature by that point. Don’t get me wrong, that album is great, and I’m proud of it, but it’s quite confused. It doesn’t really sound like a cohesive album like the previous works.


I think that there will be difficult to see you on tour in Italy...so, in your live shows do you play also some songs of Oceansize? If yes, what are the songs that you play?

Yes, we play some of the old songs. I’m not gonna tell you what they are, but they’re the ones that are most in keeping with the vibe of the music I’m making now.


Before saying hello, can you suggest to us and to our readers some new artists?

I don’t know about new, but I’m currently listening to Super Furry Animals, Matt Berry, Stealing Sheep, Vessels, Gaz Coombes, Blanck Mass, David Bowie, Kathryn Joseph….


http://mikevennart.tumblr.com/
www.facebook.com/vennartvennart

venerdì 5 giugno 2015

Shipley Hollow - Normal Soup (2015)

 
Da un po' di giorni mi sono ritrovato quasi senza accorgermene ad ascoltare più e più volte questo gradevole mini album degli Shipley Hollow appena pubblicato. Loro sono canadesi di Toronto e chiamano la propria musica tropical math rock. Che si trovi o meno il tocco esotico suggerito dalla auto classificazione, Normal Soup è un lavoro che si ascolta benissimo, nonostante si percepisca la complessità di molti passaggi. Proprio come i Grand Beach (candesi pure loro), gli Shipley Hollow non lesinano su melodie, che talvolta possono assumere sembianze anche sgraziate, ma comunque godibili, abbinandole a passaggi più intricati alla TTNG o addirittura King Crimson, tipo nel finale di Slouch e Salamander Sweater.



www.facebook.com/ShipleyHollow

mercoledì 3 giugno 2015

Agent Fresco - Destrier (2015)


Dopo qualche intoppo di carattere tecnico che ha ritardato la produzione di quasi un anno, gli islandesi Agent Fresco si preparano a pubblicare il loro secondo album, Destrier, il 7 agosto, a quasi cinque anni di distanza dall'ottimo A Long Time Listening. Per ora la band ha realizzato i video dei brani See Hell e Dark Water, due intense, potenti e drammatiche tracce che probabilmente apriranno la strada ad un lavoro più immediato e diretto, ma sempre condito da sferzate math rock e riff lontani parenti del post hardcore.







www.agentfresco.is